Le fotocamere da studio e da campagna

1850 c.a. - 1930 c.a.


I modelli più antichi di fotocamere a corpi mobili si differenziavano per il sistema di chiusura, di cui furono sperimentate tre soluzioni: nella prima la parte anteriore è rigida e quella posteriore mobile ("tail board") e in questo caso la chiusura avviene comprimendo il soffietto e alzando la parte inferiore ("banco") che va a proteggere il vetro smerigliato. Nella seconda avviene il contrario: la parte anteriore è mobile e quella posteriore fissa, nella terza ed entrambe le parti sono mobili e vengono compresse in corrispondenza del centro del banco che è composto da tre parti. La tail-board risultò il miglior compromesso per le macchine da studio e così, grazie anche alla scarsissima diffusione delle macchine "a mano", nel 1887 le tail board risultavano più numerose di tutte le altre macchine fotografiche messe insieme.


Tuttavia fu il sistema con due corpi mobili a produrre l'evoluzione più significativa quando Petzval, nel 1857, inventò il banco a rotaia singola ("monorail").

Tuttavia la rotaia in legno di Petzval non offriva nessun vantaggio reale rispetto al banco e così la sua fotocamera rimase un caso isolato fino a quando le macchine non furono costruite in metallo.

Le fotocamere da campagna, al tempo definite anche "a mano e da stativo", svilupparono invece la strada della parte posteriore fissa, che era molto limitata nei movimenti ma consentiva una impugnatura più solida e quindi un miglior maneggio della fotocamera nell'uso a mano e nella messa in opera.

Sia le tail bord che le campagnole utilizzarono spesso una cassetta come parte fissa in modo da contenere e proteggere il soffietto durante il trasporto.

TIP FCD 18x24
ORGTECHNIKA
obiettivo Industar 37 - 4,5/300 mm
(1976)
(Cortesia Matteo Lambriola - Pisa)

Tail board russa costruita quasi senza discontinuità da prima della Rivoluzione d'Ottobre fino alla soglia degli anni '90; inizialmente da privati, poi dalla GOMZ, quindi dalla GOMZ-LOMO e infine, a partire dagli anni '70 dalla ORGTECHNIKA che sostituitì l'ottone con il ferro cromato e la plastica. Per il resto la fotocamera, i portalastre, il treppiede e la grande borsa in cuoio sono sempre rimasti immutati e la macchina potrebbe essere stata fatta nell'800. Sorprendentemente l'obiettivo è privo di otturatore, cosa che si spiega con la disponibilità (fino al 1985 circa) di lastre con sensibilità di 6 e 12 gort, cioè così scarsamente sensibili da poter esporre usando il tappo, come si faceva un secolo prima. Gli chassis a corredo sono predisposti per le lastre in vetro (che furono disponibili in russia fin oltre il 1975).
La Orgtechnika è probabilmente l'ultima tailboard ad essere stata costruita.
Il modello illustrato, prodotto nel 1976, ha una targhetta con la dicitura "25.03.1845 - 75", che forse si riferisce all'invenzione di Levitsky.

Con il nome di fotocamere da studio e da campagna si intendono le fotocamere di legno che, con l'invenzione del soffietto, sostituirono in breve tempo le cassette scorrevoli, rigide e scomode da trasportare. Il soffietto era (ed è ancora oggi) di pelle o di tela gommata o verniciata e in un primo tempo fu una semplice sacca floscia fino a quando, verso il 1850, non comparvero i modelli piegati, più rigidi e con maggior possibilità di compressione. Le fotocamere da campagna sono in assoluto le più longeve della storia dal momento che ne esistono ancora diverse ed ogni tanto continuano ad apparire nuovi modelli, come ad esempio la cinese Shanghai Shenhao che è stata immessa sul mercato nel 2001. Altre tuttora in produzione (ottobre 2002) sono le giapponesi Wista (legno di rosa, ciliegio o ebano), Ikeda Anba e Tachihara (entrambe in ciliegio), la Deardorff, l'inglese Gandolfi Precision, la Iston, l'indiana Rajah, la futuribile K. B. Canhan "costruita con tecnologie aereonautiche" e l'americana Wisner Zone VI (mogano), osannata dalla stampa americana come "the most complete camera on the market and superior to all other wooden cameras (...) with a jewel like finish (...) another addition to what is becoming the Winer tradition of American classics". Tuttavia è corretto posizionare la fine dell'epoca delle fotocamere in legno verso il 1930, quando le fotocamere da campagna dovettero cedere il passo alle piccole macchine fotografiche che consentivano una fotografia più dinamica e, contemporaneamente, negli studi fotografici i primi banchi ottici in metallo, più moderni e funzionali, sostituirono le fotocamere da studio in legno.



Angelo Pettazzi
Milano
Fotocamera da studio, obiettivo J. H. Dallmeyer, cavalletto da terrazzo
(1890 c.a.)
Tipica fotocamera fine '800 da studio. I Pettazzi furono attivi fra il 1859 e il 1900: il capostipite Oscar Pettazzi si fece notare quando iniziò a lavorare in proprio (1871) rivelandosi ben presto il miglior costruttore milanese e alla sua morte (1883) i figli Angelo ed Oscar proseguirono separatamente l'attività del padre. La Angelo Pettazzi cessò la produzione di fotocamere nei primi anni del '900 quando si trasformò in distributore fotografico.


Fin dalle origini le fotocamere in legno si differenziarono in due tipologie: quelle trasportabili e quelle da studio, mantenendo in comune l'uso di lastre più grandi rispetto alle macchine amatoriali ed alcune possibilità di decentramento e basculaggio. La differenza fondamentale fra i due tipi sta nella trasportabilità poichè, con la diffusione della fotografia professionale nella metà dell' '800, le macchine da studio iniziarono ad aumentare di formato, di peso e conseguentemente ad adottare supporti più solidi e spesso non pieghevoli. Al contrario le campagnole mantenenro dimensioni di lastra più contenute ed applicarono tutte le innovazioni capaci di semplificarne il trasporto e la messa in opera. Le dimensioni tipiche delle campagnole, chiamate folding dagli inglesi nel senso di pieghevoli (non tascabili, quando è riferito a questa classe di fotocamere) erano "13x18 cm., e tutto al più di 18x24 cm., perchè da esso si possono ottenere immagini visibili, e perchè non imbarazza chi deve portarla su per i monti o dovunque" (L. Gioppi, 1887) mentre le macchine da studio erano spesso di 30x40 cm.

Sanderson "Junior"
Fotocamera da campagna
(1900 c.a.)

Frederick H. Sanderson, appassionato fotografo d'architettura, brevettò nel 1895 il sistema rapido di regolazione dei movimenti di macchina che caratterizza tutte le fotocamere Sanderson la cui produzione proseguì fino al 1920. La Junior montava un otturatore a tendina Thornton-Pickard capace di tempi da 1/15 a 1/90. Il foro nella base aveva una doppia funzione: contenere i punti di attacco per il treppiede (che non ha più una struttura propria ma è ridotto a tre gambe separatre fra loro) e consentire di chiudere la macchina senza togliere l'ottica.

Le origini del soffietto si confondono con la storia della fotografia. Sembra che sia stato ideato una prima volta dal barone Armand Pierre de Séguier che presentò una macchina con soffietto alla Société d'Encouragement nel 1839, quindi dal russo S. L. Levitsky (1819-1898); sicuramente i fratelli Lewis di New York, detentori di un brevetto registrato l'11 novembre 1851, furono i primi a produrre regolarmente una fotocamera daguerrotipica con soffietto. Il soffietto, che consente di variare con disinvoltura il tiraggio del corpo, introdusse la possibilità di cambiare le ottiche: una possibilità utilizzata molto spesso già nell'800 ma preclusa alle cassette scorrevoli che erano "ad ottica fissa".

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