I modelli più antichi di fotocamere a corpi mobili
si differenziavano per il sistema di chiusura, di cui furono sperimentate
tre soluzioni: nella prima la parte anteriore è rigida e
quella posteriore mobile ("tail board") e in questo caso
la chiusura avviene comprimendo il soffietto e alzando la parte
inferiore ("banco") che va a proteggere il vetro smerigliato.
Nella seconda avviene il contrario: la parte anteriore è
mobile e quella posteriore fissa, nella terza ed entrambe le parti
sono mobili e vengono compresse in corrispondenza del centro del
banco che è composto da tre parti. La tail-board risultò
il miglior compromesso per le macchine da studio e così,
grazie anche alla scarsissima diffusione delle macchine "a
mano", nel 1887 le tail board risultavano più numerose
di tutte le altre macchine fotografiche messe insieme.
Tuttavia fu il sistema con due corpi mobili a produrre l'evoluzione
più significativa quando Petzval, nel 1857, inventò
il banco a rotaia singola ("monorail").
Tuttavia la rotaia in legno di Petzval non offriva nessun vantaggio
reale rispetto al banco e così la sua fotocamera rimase un
caso isolato fino a quando le macchine non furono costruite in metallo.
Le fotocamere da campagna, al tempo definite anche "a mano
e da stativo", svilupparono invece la strada della parte posteriore
fissa, che era molto limitata nei movimenti ma consentiva una impugnatura
più solida e quindi un miglior maneggio della fotocamera
nell'uso a mano e nella messa in opera.
Sia le tail bord che le campagnole utilizzarono spesso una cassetta
come parte fissa in modo da contenere e proteggere il soffietto
durante il trasporto.
TIP FCD 18x24
ORGTECHNIKA
obiettivo Industar 37 - 4,5/300 mm
(1976)
(Cortesia Matteo Lambriola - Pisa)
Tail board russa costruita quasi senza discontinuità da prima
della Rivoluzione d'Ottobre fino alla soglia degli anni '90; inizialmente
da privati, poi dalla GOMZ, quindi dalla GOMZ-LOMO e infine, a partire
dagli anni '70 dalla ORGTECHNIKA che sostituitì l'ottone
con il ferro cromato e la plastica. Per il resto la fotocamera,
i portalastre, il treppiede e la grande borsa in cuoio sono sempre
rimasti immutati e la macchina potrebbe essere stata fatta nell'800.
Sorprendentemente l'obiettivo è privo di otturatore, cosa
che si spiega con la disponibilità (fino al 1985 circa) di
lastre con sensibilità di 6 e 12 gort, cioè
così scarsamente sensibili da poter esporre usando il tappo,
come si faceva un secolo prima. Gli chassis a corredo sono predisposti
per le lastre in vetro (che furono disponibili in russia fin oltre
il 1975).
La Orgtechnika è probabilmente l'ultima tailboard ad essere
stata costruita.
Il modello illustrato, prodotto nel 1976, ha una targhetta con la
dicitura "25.03.1845 - 75", che forse si riferisce all'invenzione
di Levitsky.
|
Con il nome di fotocamere da studio e da campagna si intendono
le fotocamere di legno che, con l'invenzione del soffietto, sostituirono
in breve tempo le cassette scorrevoli, rigide e scomode da trasportare.
Il soffietto era (ed è ancora oggi) di pelle o di tela gommata
o verniciata e in un primo tempo fu una semplice sacca floscia fino
a quando, verso il 1850, non comparvero i modelli piegati, più
rigidi e con maggior possibilità di compressione. Le fotocamere
da campagna sono in assoluto le più longeve della storia
dal momento che ne esistono ancora diverse ed ogni tanto continuano
ad apparire nuovi modelli, come ad esempio la cinese Shanghai Shenhao
che è stata immessa sul mercato nel 2001. Altre tuttora in
produzione (ottobre 2002) sono le
giapponesi Wista (legno
di rosa, ciliegio o ebano), Ikeda Anba e Tachihara (entrambe in
ciliegio), la Deardorff, l'inglese Gandolfi Precision, la Iston,
l'indiana Rajah, la futuribile K. B. Canhan "costruita con
tecnologie aereonautiche" e l'americana Wisner Zone VI (mogano),
osannata dalla stampa americana come "the most complete camera
on the market and superior to all other wooden cameras (...) with
a jewel like finish (...) another addition to what is becoming the
Winer tradition of American classics". Tuttavia è corretto
posizionare la fine dell'epoca delle fotocamere in legno verso il
1930, quando le fotocamere da campagna dovettero cedere il passo
alle piccole macchine fotografiche che consentivano una fotografia
più dinamica e, contemporaneamente, negli studi fotografici
i primi banchi ottici in metallo, più moderni e funzionali,
sostituirono le fotocamere da studio in legno.
Angelo Pettazzi
Milano
Fotocamera da studio, obiettivo J. H. Dallmeyer, cavalletto
da terrazzo
(1890 c.a.)
Tipica fotocamera fine '800 da studio. I Pettazzi furono attivi
fra il 1859 e il 1900: il capostipite Oscar Pettazzi si fece notare
quando iniziò a lavorare in proprio (1871) rivelandosi ben
presto il miglior costruttore milanese e alla sua morte (1883) i
figli Angelo ed Oscar proseguirono separatamente l'attività
del padre. La Angelo Pettazzi cessò la produzione
di fotocamere nei primi anni del '900 quando si trasformò
in distributore fotografico.
Fin dalle origini le fotocamere in legno si differenziarono in due
tipologie: quelle trasportabili e quelle da studio, mantenendo in
comune l'uso di lastre più grandi rispetto alle macchine
amatoriali ed alcune possibilità di decentramento e basculaggio.
La differenza fondamentale fra i due tipi sta nella trasportabilità
poichè, con la diffusione della fotografia professionale
nella metà dell' '800, le macchine da studio iniziarono ad
aumentare di formato, di peso e conseguentemente ad adottare supporti
più solidi e spesso non pieghevoli. Al contrario le campagnole
mantenenro dimensioni di lastra più contenute ed applicarono
tutte le innovazioni capaci di semplificarne il trasporto e la messa
in opera. Le dimensioni tipiche delle campagnole, chiamate folding
dagli inglesi nel senso di pieghevoli (non tascabili,
quando è riferito a questa classe di fotocamere) erano "13x18
cm., e tutto al più di 18x24 cm., perchè da esso si
possono ottenere immagini visibili, e perchè non imbarazza
chi deve portarla su per i monti o dovunque" (L. Gioppi,
1887) mentre le macchine da studio erano spesso di 30x40 cm.
Sanderson "Junior"
Fotocamera da campagna
(1900 c.a.)
Frederick H. Sanderson, appassionato fotografo d'architettura, brevettò
nel 1895 il sistema rapido di regolazione dei movimenti di macchina
che caratterizza tutte le fotocamere Sanderson la cui produzione
proseguì fino al 1920. La Junior montava un otturatore a
tendina Thornton-Pickard capace di tempi da 1/15 a 1/90. Il foro
nella base aveva una doppia funzione: contenere i punti di attacco
per il treppiede (che non ha più una struttura propria ma
è ridotto a tre gambe separatre fra loro) e consentire di
chiudere la macchina senza togliere l'ottica.
Le origini del soffietto si confondono con la storia della fotografia.
Sembra che sia stato ideato una prima volta dal barone Armand Pierre
de Séguier che presentò una macchina con soffietto
alla Société d'Encouragement nel 1839, quindi dal
russo S. L. Levitsky (1819-1898); sicuramente i fratelli Lewis di
New York, detentori di un brevetto registrato l'11 novembre 1851,
furono i primi a produrre regolarmente una fotocamera daguerrotipica
con soffietto. Il soffietto, che consente di variare con disinvoltura
il tiraggio del corpo, introdusse la possibilità di cambiare
le ottiche: una possibilità utilizzata molto spesso già
nell'800 ma preclusa alle cassette scorrevoli che erano "ad
ottica fissa".
|