Le regine dei formati popolari
Sebbene le pellicole descritte in questa pagina siano state pensate all'origine essenzialmente per fotocamere economiche,
point-and-shoot come si usa dire adesso,
non sono certo mancati i prodotti di classe, dei piccoli gioielli con prezzo proporzionato alla profusione tecnologica.
"Baby Grey" Rolleiflex
Franke & Heidecke, 1957 - 1959
Non c'è dubbio che la palma di regina del formato 4x4 spetti alla piccola Rolleiflex,
che differiva dalle sorelle maggiori solo per le dimensioni ridotte senza rinunciare a nessuna delle pregevoli
caratteristiche ottiche e meccaniche;
pertanto una vera fotocamera professionale, capace ancora oggi di grandi risultati.
Prodotta in varie versioni dal 1931 al 1968 la Baby Rolleiflex è anche la più longeva fra le fotocamere presentate
in questa pagina.
Swinger Model 20
Polaroid, 1965
La Swinger, che eseguiva foto in bianco e nero su pellicola tipo "20",
è una fotocamera elegante e sofisticata nella sua semplicità.
E' stata la prima Polaroid con sviluppo all'esterno della fotocamera e
l'esposizione veniva impostata ruotando il pomello
rosso coassiale al pulsante di scatto, grazie ad un esposimetro ad estinzione, fino a far apparire la parola YES nel mirino.
Un flash a lampadina è incluso in modo discreto nella parte frontale.
Contaflex 126
Zeiss Ikon, 1967
La cassetta 126 poteva essere caricata in tre reflex di buona qualità prodotte rispettivamente da Kodak, Rollei e Zeiss Ikon.
Questi tre campioni della categoria Instamatic ebbero scarso successo ed oggi sono abbastanza rari;
in effetti l'assenza del pressapellicola vanificava la qualità delle ottiche.
110 Zoom SRL
Minolta, 1976 e 1979
Minolta presentò la prima reflex per il formato 110 nel 1976.
Si trattava di un progetto originale che integrava uno zoom in un corpo dalla forma insolita, sviluppato in orizzontale,
da impugnare come un binocolo. In questo modo si ha una presa salda e il pulsante di scatto viene a trovarsi sotto al dito indice.
La fotocamera ebbe un discreto successo, tuttavia
il suo design rimase un caso isolato e fu abbandonato anche dalla stessa Minolta nel secondo modello, tre anni più tardi.
Auto 110
Pentax, 1979
La piccola Pentax ebbe molto più successo della Minolta.
La Auto 110 giocava la carta del sistema SRL miniaturizzato e la sua confezione
metteva in bella mostra nelle vetrine dei negozi il corpo macchina, un corredo di tre ottiche,
un set di filtri e paraluci, un flash, il winder e due piccole borse.
Pochi gli oggetti acquistabili separatamente: un tele da 70 mm, uno zoom 20-40 ed una borsa per il corredo.
Pertanto, a confronto con la Minolta, i molti pezzi del corredo Pentax suggerivano un maggior valore intrinseco e
un prezzo particolarmente vantaggioso, oltre a gratificare l'aspetto ludico.
Il successo dell'Auto 110 è testimoniato dalla facilità con cui è attualmente reperibile sul mercato dell'usato.
Vectis S-1
Minolta, 1979
La S-1, prima reflex APS, disponeva di tutte le opzioni offerte dal sistema, era piccola e leggera e corredabile con un vasto parco ottiche:
3 focali fisse (17, 50 macro e 400 reflex) e 5 zoom (22-80, 25-150, 28-56 a corredo standard, 56-170mm e 80-240mm).
La S-1 era anche resistente alla pioggia in un'epoca in cui le reflex erano tutte permeabili e quindi
poteva essere una comoda compagna di viaggio e per le gite in barca o sulla neve.
E' piccola, leggera e piacevole da usare e il suo modesto successo commerciale può
essere spiegato solo con il prezzo elevato (paragonabile a quello di una SRL 35 mm di classe economica)
e con l'insuccesso dell'APS in generale.
... e l'alieno digitale
7650
Nokia, 2002
E' ancora presto per scrivere la storia della fotocamera digitale, che del resto non
inizia con un telefono cellulare. Tuttavia il 7650 ha un
ruolo di rilievo nella volgarizzazione della fotografia e, d'altra parte, il ritmo sempre più serrato
dell'evoluzione tecnologica l'ha oramai consegnato alla storia.
Il 7650 è stato il primo fotocellulare e
registrava delle modeste immagini di 640x480 pixel (VGA), equivalenti a 0,3 megapixel.
I suoi punti di forza, pur basati sulla fotografia, avevano poco a che fare con i fotografi:
nuove e piacevoli applicazioni facevano presa su un pubblico fotograficamente meno pretenzioso e indottrinato
ma entusiasta di avere una fotocamera sempre a portata di mano,
inviare le foto agli amici e, non ultimo, condividerle in internet.
Tutte cose, insomma, assai più vicine alla fruizione immediata che alla stampa
e, di conseguenza, rivolte ad un pubblico poco avvezzo a frequentare i negozi di fotografia.
Da annotare, come riferimenti fissi in una sitazione fluida, che
nell'ottobre del 2003, mentre le riviste tradizionali perdevano lettori, nasceva Makadam dedicata
esclusivamente alle fotografie scattate con il telefonino e il 2005, anno in cui Nokia è nominata
molto spesso sulle riviste di settore,
collabora con Makadan alla pubblicazione del manuale Un attimo per cogliere l'attimo e
con Epson alla promozione di una stampante con collegamento Bluetooth mentre
Foto graphia pubblica quasi certamente per prima un portfolio
scattato con un telefonino della stessa marca.
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L'espansione del mercato fotografico è stata determinata più dai prodotti di massa che da quelli professionali, pertanto
non possiamo ignorare le fotocamere economiche e semplici da usare
che per un secolo hanno contribuito in modo sostanziale alla fortuna dei produttori di pellicole.
Si pensi al proliferare delle Ferrania, Agfa e Kodak degli anni '50 / '60:
nel mondo occidentale hanno diffuso la fotografia fra le classi sociali meno abbienti
nel momento in cui stavano sperimentando un periodo di benessere
dopo i rigori del periodo bellico.
In questa pagina definiamo box tutte le fotocamere con caratteristiche elementari, indipendentemente dall'aspetto
che nell'arco di un secolo ha assunto forme assai diverse, sebbene in letteratura usualmente questo
termine è associato esclusivamente alle fotocamere semplici a forma di parallelepipedo.
In ogni caso la discriminante che caratterizza le box è l'assenza di sistemi di messa a fuoco, o comunque
l'assenza di sistemi di mira idonei per valutare la messa a fuoco, unite ad ottiche ed otturatori elementari.
Inoltre, in assenza di evidenti discontinuità che segnino un prima e un dopo nella
ricerca della certezza dei risultati unita alla semplicità d'uso nell'evoluzione della macchina fotografica
dalle origini ad oggi,
assumiamo che la prima Kodak, quella per la cui fu coniato lo slogan
voi schiacciate il bottone, noi facciamo il resto, sia stata la capostipite delle fotocamere facili da usare.
Del resto alla Kodak deve essere riconosciuto il merito di aver sostenuto il maggior sforzo nella
volgarizzazione della fotografia poichè
la facilità d'uso è stata una sua strategia commerciale ed ha sempre affiancato ottimi
prodotti economici a quelli professionali.
Di fatto l'azienda di George Eastman ha avuto un ruolo chiave in tutti i prodotti
consumer del '900 riuscendo ad imporre come standard di fatto i formati di alcuni suoi film
(«120», «127», «126», «110» e «Disc») quando invece
l'Agfa «Karat» (poi «Rapid») è rimasto un fenomeno isolato,
il contributo di Polaroid è stato più apparente che reale (se è
vero che per ogni macchina economica del dottor Land, quelle dei regali di compleanno per intenderci,
sono stati venduti solo due pacchetti di pellicole) e l'unica proposta avanzata individualmente dai produttori
giapponesi è stata la fotografia immediata Instax del 2000.
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No.0 Brownie Camera Model A
Kodak, 1914
Fotocamera in cartone per pellicola 127,
62x83x105 mm, 200 gr di peso.
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Fra ‘800 e ‘900 la semplificazione delle macchine fotografiche viaggiava sulle ali della pellicola in rullo.
Il peso del rullo era trascurabile rispetto alle lastre in vetro e avanzare la pellicola fino al fotogramma successivo
era assai più semplice che sostituire un portalastre.
Per contro, come detto altrove, lo sviluppo individuale delle lastre permetteva di compensare
parzialmente i frequenti errori di esposizione ma tant'è che nell'arco di una ventina d'anni le lastre rimasero circoscritte
all'uso professionale o semiprofessionale mentre si affermavano le folding per pellicole in rullo.
Tuttavia le prime vere fotocamere popolari sono state le box
di legno, metallo o cartone a cavallo fra '800 e '900, che venicano caricate con pellicole in rullo,
e mutuarono la forma a parallelepipedo della prima Kodak fino
alla metà del XX secolo mentre dagli anni '20
altri modelli in bachelite introducevano nuove forme arrotondate.
Le attuali fotocamere usa-e-getta in plastica rappresentano l'ultima frontiera
delle box. La loro storia inizia nei primi anni '50 quando la Beaurline Industries (Minnesot)produce la Imp Camera,
un piccolo parallelepipedo in plastica rivestito di cartone che riproponeva la versione contemporanea di
voi schiacciate il bottone, noi facciamo il resto avendo stampigliato
sulla fotocamera stessa l'indirizzo della fabbrica, lo spazio per il francobollo e quello per
l'indirizzo del mittente a cui venivano ritornate le stampe.
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Personalmente non riesco a considerare pellicole consumer nè il «120» - medioformato professionale per eccellenza -
nè il «127», per il quale fu progettata la prima reflex dell'era moderna, ma storicamente devo accettare che
il 120 fu introdotto da Kodak nel 1901 per la sua Brownie No.2 e che pertanto in origine era inteso per la fotografia amatoriale.
Di fatto il successo di questa pellicola è stato sostenuto totalmente dalle fotocamere box per circa 15 anni,
prima che fossero prodotte delle folding per questo formato.
Del resto una costante dei prodotti popolari è sempre stata quella di avere un formato ridotto rispetto allo
standard professionale del tempo e all'inizio del '900 il 6x9 di una box era ritenuto decisamente piccolo.
Le caratteristiche del 120 sono ben note, limitiamoci a ricordare che la spoletta in origine era di legno con flange metalliche,
poi interamente in metallo e infine di plastica e che in oltre un secolo
i 72 cm di film sono stati utilizzati realizzare per la maggior varietà di formati fotografici:
6x4,5 (16 foto), 6x6 (12), 6x7 (10), 6x8 (8), 6x9 (7), 6x12 (5), 6x17 (4) e 6x24 (3).
Il 127 fu introdotto da Kodak nel 1912 con la fotocamera Vest Pocket Kodak, una folding economica proposta come alternativa
alle "grosse" fotocamere 120.
Nei 46mm di larghezza del film 127 sono state realizzate fotocamere nei formati 4x3 (16 foto), 4×4 (12) e 4×6 (8).
Kodak ha proposto molte altre pellicole in rullo, che hanno avuto una vita assai più breve
perchè sono state utilizzate da un numero assai inferiore di fotocamere; in particolare,
escludendo il 220 che è la versione a lunghezza doppia del 120:
101 (1895), 102, 103 (1896), 104, 105 (1897), 106, 107, 108, 109, 110 (in rullo, da non confondere con il successivo a cassetta),
111, 112, 113, 114, 115 (1898), 116 (1899), 117, 118, 119 (1900), 121 (1902), 122 (1903), 123 (1904),124, 125 (1905),
126 (anche questo in rullo) (1906), 128, 129 (1912), 130, 35 (1916), 616, 620 (1931), 235, 435 (1934), 828 (1935) e 335 (1952).
Nella seconda metà del XX sec la tecnologia contribuì in modo sostanziale a semplificare l'uso delle macchine e il primo
risultato fu il 126,
la pellicola contenuta in una cassetta di plastica a tenuta di luce presentata da Kodak nel 1963.
Il 126 permetteva il caricamento della fotocamera anche alle persone meno esperte e
per la diffusione della fotografia fu un progresso di grande portata,
paragonabile soltanto agli automatismi che una decina di anni più
tardi avrebbero risolto i problemi di esposizione.
La pellicola è passata alla storia come Instamatic, dal nome della fotocamera con cui fu presentata.
Il successo fu enorme: il 126 permetteva risultati discreti e le Instamatic erano una vasta famiglia di fotocamere piacevoli e alla portata di tutti.
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La fotocamera veniva caricata semplicemente inserendo la cassetta nell'apposito vano della macchina
la cui asimmetria impediva qualunque errore di posizionamento.
Il sistema era virtualmente a prova di errore e se la fotocamera veniva aperta prima della fine del rullo
si rovinavano solo due o tre immagini.
L'unico difetto congenito del 126 era l'assenza del pressapellicola e la conseguente ampia tolleranza del piano focale,
a scapito della qualità delle immagini. Di conseguenza
l'Instamatic era idoneo per le aspettative degli acquirenti di fotocamere economiche
mentre le fotocamere di pregio non potevano dare i risultati sperati.
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Instamatic 50
Kodak, 1963 |
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Nel 1972, con il «110» chiamato anche Pocket Instamatic, la Kodak riuscì
a replicare il successo dell'Instamatic.
La nuova pellicola replicava pregi e difetti del 126 in un formato ridotto (fotogramma 13×17 mm) che
permetteva la costruzione di fotocamere realmente tascabili, costruite in oltre 25 milioni
nei primi 3 anni.
Il Pocket Instamatic è stato utilizzato da un numero incalcolabile di
modelli, fra cui spiccano le toy camera, per le quali risultava particolarmente idoneo grazie alle piccole dimensioni.
Le pellicole erano disponibili di tutte le marche sul mercato, comprese le diapositive Kodachrome (fino al 1982).
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Agfamatic 2008 pocket con "flip-flash"
Agfa , 1975
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Negli anni d'oro dell'Instamatic furono introdotte importanti semplificazioni nell'uso del flash:
nel 1965 Sylvania introdusse il Cuboflash e poi, nel 1970,
il Cuboflash-X che, grazie all'innesco piezoelettrico, non necessitava di pile.
Queste importanti invenzioni inaugurarono l'ultima stagione dei flash a lampadina
che, nelle vesti di "usa e getta" per le fotocamere economiche, è rimasto sul mercato
fino agli anni '80.
Nel frattempo, grazie alla miniaturizzazione dei componenti, i flash elettronici
vennero integrati nelle fotocamere.
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Il 110 fu l'ultimo formato consumer di grande successo, il successivo
Disc, lanciato da Kodak esattamente 10 anni dopo, ebbe una diffusione limitata.
Rispetto al 126 e al 110 la cartuccia di plastica del Disc aveva il vantaggio di essere assolutamente a tenuta di luce
mentre il disco di pellicola contenuto al suo interno, capace di 15 immagini 11x8 mm, essendo molto più rigido del film
migliorava la planeità e la tolleranza del piano di messa a fuoco.
Nelle intenzioni di Kodak questo avrebbe permesso buoni risultati pur utilizzando un formato ancora più piccolo del 110
ma nella realtà dei fatti esso avrebbe richiesto una stampa professionale per ottenere dei normali 10x15,
con il risultato che nella maggior parte dei casi le stampe risultavano molto scadenti.
La delusione degli utenti ne decretò l'insuccesso e la conseguente
bassa diffusione di macchine da stampa idonee per ottenere stampe soddisfacenti.
Incidentalmente le fotocamere Disc, sebbene prodotte in numeri significativi, sono abbastanza difficili da
reperire (sono state buttate via?) e
non sono state prodotte fotocamere di pregio per questo formato.
L'ultimo formato popolare è stato l' APS (Advanced Photo System), disponibile sul mercato dal 1996 e messo a punto da Canon, Fuji, Kodak, Minolta e Nikon
con lo scopo di dare una scossa significativa al mercato della fotografia amatoriale e, conseguentemente,
un nuovo impulso alle vendite.
Non è escluso che Kodak abbia partecipato ad uno sviluppo congiunto con in suo principale concorrente
in seguito all'isolamento subito dal Disc.
In ogni caso nell’APS fu introdotto tutto ciò che appariva mancare al 135 per semplificare la vita dell’utente
e sviluppare servizi di stampa evoluti e, probabilmente memori del fallimento del Disc, le aziende scelsero un formato abbastanza generoso
(58% del 24x36) che consentiva buone stampe.
Lo sforzo profuso dalle aziende per il lancio del prodotto fu notevole, con ampie e convincenti recensioni
sulla stampa di settore e poche voci contrarie.
La pubblicità indiretta lo contrapponeva al 135 ma nella realtà dei fatti
non riuscì a prendere campo, schiacciato dai costi di stampa sostanzialmente
più elevati e dalla gran massa di fotocamere 35mm in circolazione.
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L'APS veniva presentato come un nuovo "sistema" perchè
la sua definizione interessava il caricatore,
la pellicola, la fotocamera e le attrezzature da stampa. Minolta presentò anche uno scanner dedicato (VP-1)
che consentiva di vedere le immagini sullo schermo TV, trasferirle su floppy disk o direttamente in un computer.
D'altra parte i telaietti per diapositive erano quasi irreperibili.
Al tempo della presentazione circolava la voce che Kodak e Fuji non avrebbero riversato sulle altre pellicole le emulsioni
con grana più fine sviluppate per l'APS emulsioni;
in una logica di mercato ciò appariva privo di senso, anche ammesso che le aziende si fossero accordate
sull'intento di sostenere il nuovo prodotto.
L'insieme caricatore / pellicola dell'APS rappresentano quanto di più complesso sia stato prodotto
fra le pellicole fotografiche.
Il caricatore accompagna la pellicola in tutta la sua vita, che per ogni operazione viene estratta e riavvolta dai
motori delle attrezzature.
Su un lato 4 simboli indicano all'utente che la pellicola in esso contenuta è:
1) vergine, non ancora esposta.
2) esposta solo in parte.
3) interamente esposta, ma non ancora sviluppata.
4) sviluppata
mentre sull'altro lato un codice a settori bianchi e neri indica alla fotocamera la sensibilità della pellicola e il numero di pose (15, 25 o 40).
Il caricatore è più piccolo del 135 e la pellicola non ha la "coda", l'utente lo lascia semplicemente
cadere nell'apposito vano della macchina che provvede ad aprire la linguetta di protezione
e trascinare la pellicola fino alla prima posa utile.
Il supporto del film non era triacetato di cellulosa
ma polietilene naftalato, che permette minori spessori; in questo modo, e grazie alla riduzione di formato,
il caricatore ha la stessa capacità del 135 in un volume inferiore.
Sui bordi della pellicola erano applicate due piste magnetiche, sulle quali il fabbricante, la fotocamera,
il fotografo e il laboratorio potevano registrare dei dati. In particolare
la fotocamera può memorizzare il numero di pose esposte (e
i caricatori possono essere estratti e reinseriti in qualunque momento senza perdere immagini) mentre
il fotografo poteva selezionare il formato
e il numero di copie di stampa di ogni singola immagine
(sebbene la pellicola fosse comunque esposta a formato pieno 16,7x30,2 mm).
Tre i possibili formati di stampa:
a) con rapporto fra i lati 2:3, come il 24x36;
b) “Hi-Vision” con rapporto 16:9
c) panoramico con rapporto 1:3.
Grazie alle piste magnetiche era possibile introdurre altri dati che venivano stampati automaticamente
sul retro delle foto: data e ora dello scatto; valori di esposizione; numero del caricatore e numero
del fotogramma e frasi di testo (“titoli”).
Le stampe di laboratorio erano consegnate in raccoglitori di plastica analoghi
a quelli delle videocassette VHS per archiviare sia il negativo (che rimaneva sempre all’interno del caricatore)
che le stampe sullo scaffale di una libreria. La confezione conteneva anche un indice,
cioè la stampa delle miniature di tutte le foto su un unico foglio.
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Ad oggi 127, 126, 110, Disc e APS sono sostanzialamente scomparsi dal mercato.
Kodak ha ufficialmente sospeso la produzione del 127 nel 1995 e del 110 nel 1999 anche se
sono ancora reperibili negativi nel formato 110; sulla loro confezione scopriamo che
il film è prodotto in America, confezionato da Kodak Brasile e importato in Europa da Kodak Spagna (!).
Ferrania è probabilmente l'unico produttore ad avere ancora a
catalogo pellicole nei formati 110 e 126.
La produzione della Kodakolor Gold nel formato Disc è termimata il 31 dicembre 1999.
Le APS sono prodotte da Ferrania, Kodak e Fuji e reperibili nei luoghi turistici accanto a schede di memoria con marchi fantasiosi.
Alcune pellicole 127, quali ad esempio la Macophot UP100 della croata Fotokemika e la EFKE R100, sono ancora disponibili sebbene molto difficili da reperire.
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Il mercato delle fotocamere 135
ha visto una larghissima offerta di compatte
con zoom, flash e winder integrati, di qualità onesta e prezzi stracciati
a cui hanno fatto da contrappunto le reflex entry level dei maggiori produttori che nel 2004-2005 venivano offerte
a circa 200 Euro.
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Halina
Halina, 2000
Fotocamera per pellicola 135 con zoom autofocus 28-90 mm, flash e winder integrato. Acquistata al prezzo di 89000 Lire nel 2000.
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Negli stessi anni i maggiori volumi di vendita sono stati realizzati dalle compatte digitali,
a scapito di drammatiche flessioni della pellicola, mentre iniziavano a guadagnare terreno
gli alieni provenienti dal mondo della telefonia.
D'altra parte le usa-e-getta hanno conservato fino ad oggi la loro fetta di mercato. Al riguardo
si tenga conto che solo i laboratori di stampa in 1 ora accettano le schede di memoria
mentre quelli che si appoggiano su una rete di vendita capillare, che coinvolge sia i supermercati che le edicole,
accettano nelle buste solo cd-rom, il che esclude dal servizio tutti coloro che non hanno confidenza con un computer.
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