Paul Baudry
riproduzione tipografica (1900 c.a.) da una foto di Nadar
L'invenzione del ritocco
«Niente mancava ormai all'apoteosi della
fotografia - nient'altro che una prima esposizione generale
per la quale, appena nata, era già matura. Questa prima
esposizione della forografia ebbe luogo nel 1855 al Palazzo
dell'Industria. (...) È importante sottolineare a questo punto
la perfezione delle prove esposte e, cosa ancor più degna di
nota, che nulla era dovuto ai ritocchi delle lastre. Le prove
non venivano corrette né dal pennello né dalle matite,
al massimo venivano ritoccate in uno o due punti dove un granellino
di polvere aveva potuto perforare lo strato di nitrato. Tuttavia
il ritocco delle lastre, al tempo stesso eccellente e detestabile,
come la lingua nella favola di Esopo, ma certamente indispensabile
in parecchi casi, era stato appena concepito da un tedesco di
Monaco, chiamato Hampsteingl, il quale aveva sospeso in trasparenza,
al termine di una galleria dell'esposizione, una lastra ritoccata,
con dimostrazioni di prima e dopo il ritocco.
Quella lastra
apriva un'era nuova alla fotografia e vi assicuro che i curiosi
non mancavano. L'approvazione fu generale, soprattutto da parte
dei diretti interessati, i "professionisti".
Immediatamente ci si era resi conto di quale
aiuto rappresentava per noi la felice scoperta di questo Hampsteingl,
risorsa che tutti cercavano senza conoscerla, e tutti avevano
immaginato senza individuarla. Inoltre, due passi più in là
ne avevamo la dimostrazione completa nella mostra dello scultore
Adam-Salomon, gremita di ritratti dei vari notabili della politica,
della finanza e di personaggi del bel mondo, in cui tutte le
lastre e le foto erano state ritoccate col nuovo metodo. Più
accorto e diligente di noi grazie al suo sangue israelita, Salomon
s'era dato la pena di andare a imparare dal bavarese. Il ritocco
delle sue lastre, saggiamente dosato, destava meraviglia e se
la gente si affollava davanti agli altri espositori, qui si
accalcava e soffocava.»
(Nadar, Quando ero fotografo, 1900)
Anonima
ferrotipo, fine '800
Cortesia Leopoldo Morandi - Pietrapiana
I ferrotipi rappresentano il primo esempio di fotografia "immediata"
perchè erano un positivo diretto che poteva essere sviluppato e consegnato
in poco tempo. Grazie al ferrotipo potè nascere la figura del fotografo
ambulante e, probabilmente per questo motivo la maggior parte di essi sono
poco o punto colorati (ma un pò di rosso sulle guance non guastava mai ...)
Anonimo
ferrotipo, fine '800
Cortesia Leopoldo Morandi - Pietrapiana
Non mancano tuttavia i ritratti realizzati in studio e in questo caso il
risultato poteva spingersi alla pittura completa dell'immagine, come nell'esempio
sovrastante.
Mia madre
stampa all'argento, 1950 c.a.
La colorazione dei ritratti in bianco e nero non è mai stata
un fenomeno di massa e termina di fatto con la nascita delle pellicole
a colori.
|
Non parliamo della spuntinatura delle stampe o di altre tecniche volte
a eliminare piccole imperfezioni del negativo o della stampa, ma di
interventi estesi e invasivi che, fin dalle origini, furono applicate
alla fotografia per migliorare il risultato o rendere il soggetto
più aggraziato e gradito al committente. Si tratta di tecniche
largamente applicate al ritratto, ma non solo a questo: esistono molte
altre immagini ritoccate. |
Anonima
daguerrotipo
Barrati & Stanley - Londra 1855 c.a.
Cortesia Leopoldo Morandi - Pietrapiana
|
La colorazione dei daguerrotipi fu una tecnica
molto diffusa sia per renderli più naturali che per facilitarne
la visione. La colorazione a pennello dei daguerrotipi inizia
con il brevetto inglese n° 922 depositato da Richard Beard
il 10 marzo 1842 e, subito a seguire, con altri brevetti analoghi
depositati in Francia e negli Stati Uniti. Nello stesso tempo
viene brevettata la colorazione della lastra tramite un processo
elettrolitico: Daniel Davis Jr deposita un brevetto per la colorazione
di tutta la lastra il 22 ottobre 1842 a Boston e, sei mesi dopo,
Warren Thomson deposita il brevetto per una colorazione parziale
a Filadelfia (12 maggio 1843). La tecnica della colorazione
si diffuse rapidamente ed esistono molti daguerrotipi almeno
parzialmente colorati. E' curiosa la motivazione che l'«Encyclopaedia
of Photography» (1911) dà di quetso costume:
As late as 1853, the price charged for a quarter-plate daguerreotype
portrait was fifty shillings, and for a half-plate eighty shillings.
It was the custom to "improve" daguerreotype pictures by colouring
them. Certamente il daguerrotipo, che è una lastra
argentata e lucidata a specchio era di per sé poco leggibile
(poichè si tratta di fatto di un negativo che si mostra positivo
con la giusta angolatura della luce) e la coloritura lo rendeva
più facile da vedere e quindi da vendere. Di solito alcune
parti sono colorate con colori tenui e trasparenti per conservare
l'aspetto realistico (la coloritura tipica è un pò
di rosso sulle guance e sulle mani) mentre altre
parti sono ritoccate con colori opachi per rafforzare il tono
generale dell'immagine o mettere in evidenza degli accesori come la collana del ritratto qui a fianco. |
|
Grazie a Nadar sappiamo che il ritocco delle lastre in vetro fu inventato
da un fotografo tedesco di nome Hampsteingl che ne dette prova nell'Esposizione
di Parigi del 1855. In questo caso il ritocco era in bianco e nero
ed aveva lo scopo di ingentilire il soggetto. Gli strumenti del ritoccatore
erano estremante semplici: lapis di buona qualità «che
si appuntano o sopra una limetta o sopra fina carta smerigliata»,
alcuni pennellini di martora, inchiostro di China da sciogliere in
acqua zuccherata, sfumini di varia dimensione e durezza, piombaggine
ed una lente «di diametro abbastanza grande per poter vedere
comodamente e senza fatica i difetti della prova» (Luigi Gioppi,
Manuale Pratico di Fotografia, 1887). Il ritoccatore si avvaleva
poi di un supporto che sosteneva la lastra in posizione rialzata,
in modo da poterla osservare in trasparenza utilizzando la luce di
una finestra riflessa da un foglio bianco posto sul piano di lavoro,
e di una soluzione di essenza di trementina e gomma Dammar che, passata
sulla parte da ritoccare, creava una superficie adatta per il lapis.
|
Anonimo
stampa all'argento, inizio '900 ?
|
Immagine ritoccata con la tecnica del positivo intermedio. Il ritoccatore
è intervenuto pesantemente nelle parti a contorno (è stato schiarito
il cappello e scurito lo sfondo all'intorno, sono state ammorbite le ombre
del viso e il vestito è stato così modificato da non poter giudicare quanto
ci sia rimasto dell'originale) e con precisione sui tratti del viso, tuttavia
il ritocco è visibile solo sul il bordo del cappello dove un segno un pò
troppo netto, rispetto al resto dell'immagine, accentua la nitidezza dell'immagine.
|
|
Il ritoccatore doveva avere mano esperta e in genere era un professionista
specializzato al servizio dello studio fotografico. Gioppi descrive
minuziosamente come si esegue un ritocco: «Il lavoro, in caso
di ritratti, dovrà, cominciare dalla testa e venir giù,
giù fino alle mani, e tale progressione dovrà essere
rispettata anche nella intensità del ritocco. La punta del
lapis dovrà essere appoggiata leggermente sulla negativa, per
non bucare la gelatina o romperci sopra la matita. I tratti devono
esser brevi e serrati, diritti o curvi secondo il bisogno od il luogo
dove vengon fatti, e più o meno accentuati secondo il tono
che si vuol dare. I forellini, le macchie del fondo si chiudono e
si eguagliano col pennellino intinto nell'inchiostro di China, o collo
sfumino coperto di piombaggine. La fronte del soggetto dovrà
presentare una superficie liscia coi suoi giuochi di luce, e dovranno
essere eliminate le rughe e le vene, in quanto non costituiscano una
caratteristica speciale della fisonomia. I pomelli delle gote, gli
zigomi, dovranno essere addolciti con tratti serrati o circolari,
là dove una luce troppo viva li fa appunto sembrar piatti;
le guancie (la parte più difficile), dovranno essere trattate con
molta cura e precauzione, per non sformare la faccia e falsarne le
ombre con tratti troppo duri. L'orecchio dovrà esser poco ritoccato,
perchè già per sè stesso molto delicato ed elegante.
Le rughe che si trovano al di sotto della fronte, al principio del
naso, dovranno essere raddolcite, specialmente nelle signore. Le alette
del naso, si tratteranno a segni longitudinali finissimi. Il lobo
del naso verrà segnato con un semplice punto, mentre il dosso
si rinforzerà con tratti diritti nel senso della lunghezza.
Un tocco di lapis darà una forma graziosa al labbro superiore,
farà sparire le screpolature del labbro inferiore, segnerà
la separazione delle due labbra, e ravviverà lo splendore dei
denti, se la bocca è un po' aperta o sorridente. Con tratti
sottili, si toglierà l'incavo che dal naso scende sulla guancia
e che dimostra l'abito del riso nel soggetto o si fonderanno le linee
che costituiscono il doppio mento e quelle di fianco all'occhio, sulle
tempie, che comunemente si dicono zampe d'oca. Con semplici punti,
si ravviverà l'occhio senza mai bucarne la pupilla, contentandosi,
tutt'al più, di segnarne in tondo il contorno con una linea
finissima; si renderà meno marcato il pomo di Adamo. Con segni
più forti, graduali e serrati, si fonderanno le ombre e le
pieghe del collo, della fossetta relativa, dei muscoli, ecc.; si arrotonderanno
le braccia, si correggeranno i difetti delle mani, si intoneranno
le ombre dei vestiti ...».
|
Anonimo
inizio '900 (?)
(autore sconosciuto)
Ritocco eseguito direttamente sulla stampa, evidenziato dal diverso
grado di riflessione della china rispetto alla superficie della carta.
Sono stati accentuati i capelli, gli occhi, i baffi e l'ombra del
mento; giacca e panciotto sono stati fatti ex-novo. Questo tipo di
intervento era in genere piuttosto grossolano ma economico e gradito
alle classi meno agiate. |
La tecnica più raffinata, riservata ai clienti facoltosi, era
quella del positivo intermedio che consisteva nel fare dalla lastra
negativa un positivo intermedio su cui ritoccare le parti che dovevano
essere scurite, quindi fare da questo un nuovo negativo sul quale
ritoccare le parti che nell'immagine finale dovevano essere schiarite
e quindi stampare l'immagine su carta. In mani esperte questo metodo
permetteva risultati eccellenti sia sulle luci che nelle ombre, con
sfumature delicate e quasi senza segni visibili.
|
|