Contarex "Ciclope"
Zeiss Ikon, 1958/59
La Contarex è il carro armato con il quale la Zeiss Ikon di Stoccarda entrava nel settore delle reflex professionali ed
è stata la prima reflex con esposimetro accoppiato e visibile nel mirino.
In realtà l'accoppiamento con il diaframma dell'obiettivo è simulato da un secondo diaframma posto
davanti alla cellula dell'esposimetro situata
sopra l'obiettivo (da cui il soprannome ""Ciclope"). Entrambi i diaframmi sono azionati dalla
rotella situata a fianco del pentaprisma.
Per inciso notiamo che questo tipo di selettore che era stato introdotto negli anni '30 come
comando di messa a fuoco delle Contax a telemetro verrà riproposto da Canon molti anni più tardi per poi diventere di uso comune con le fotocamere digitali.
Le ottiche della Contarex si collocano ancora oggi
ai vertici fra quelle prodotte per le reflex 35 mm.
Contaflex Super B
Zeiss Ikon, 1962
Negli anni '50 - '60 le
Contaflex erano una famiglia di reflex semi professionali. Il modello Super B è stato
una delle prime fotocamere automatiche ed ha l'otturatore
centrale, le ottiche intercambiabili (in realtà viene sostituita solo la parte anteriore
mentre la parte posteriore all'otturatore rimane fissa)
e i dorsi intercambiabili. Quest'ultima caratteristica era appannaggio esclusivo delle Contarex / Contaflex e non ha avuto eguali fra le reflex 35mm
fino a quando la Rollei non propose la SL-2000F all'inizio degli anni '80.
La cellula al selenio è dissimulata nella targhetta ZEISS IKON sul pentaprisma.
Super D
Topcon, 1963
Alla Photokina del 1960 la Asahi Optical Co.
presentò il prototipo della prima reflex TTL, cioè che effettuava la lettura della luce attraverso l'obiettivo;
i vantaggi di questo sistema suscitarono grande interesse nel pubblico: la lettura dell'esposimetro
si adattava spontaneamente sia all'area inquadrata dagli obiettivi che alla presenza dei filtri.
Il nome Spot-Matic della fotocamera sottolineava che la lettura della luce era limitata
ad una stretta area centrale, corrispondente a circa 3 gradi utilizzando l'ottica da 50 mm.
Ad onor del vero il sistema TTL era già stato introdotto, sempre nel 1960, dalla microcamera tedesca Mec 16 SB che però era rimasta
sconosciuta alla maggior parte delle persone. In ogni caso la Spotmatic fu messa in vendita solo nel 1964,
con un esposimetro che nel frattempo era diventatao a lettura media,
pertanto fu anticipata dalle Topcon Super D e RE Super dotate della stessa funzionalità.
Per questo motivo alla Topcon è generalmente riconosciuto
il primato della prima reflex TTL oltre quello, indubbiamnete suo, dell'introduzione del sistema dei due aghi
da sovrapporre per regolare l'esposizione della fotocamera.
La Topcon era una fotocamera di classe con un esposimetro assai originalre: la cellula era montata sul retro dello specchio semiriflettente. La Topcon fu
in competizione con la Nikon F per tutti gli anni '60; poi, mentre questa estendeva in ogni direzione il proprio
sistema di obiettivi ed accessori, la Topcon cedette il passo
penalizzata dall'aver adottato l'innesto delle ottiche Exakta progettato in altri tempi e di diametro inferiore a quello Nikon.
Automatic 100
Polaroid, 1963 Cortesia Stefano Parrini - Poggibonsi (Si)
La Automatic 100, prodotta dal 1963 al 1966 in oltre un milione di esemplari
e progenitrice di una fortunata dinastia di folding molto amate dagli artisti e dai fotografi,
deve il suo successo all'essere stata la prima fotocamera per foto immediate a colori (Polacolor),
a poter utilizzare anche molti altri tipi di pellicole (665, 667, 669, ...),
avere un telemetro e l'esposizione automatica basata sulla lettura della cellula CdS posta a fianco dell'obiettivo.
Ma in particolare la Automatic 100 è stata la prima fotocamera con un otturatore elettronico,
prodotto dalla Yashica e capace di tempi da 10 secondi a 1/1200.
L'alimentazione era fornita da una grossa pila a 4,5 v alloggiata nel corpo dell'apparecchio,
da cui il collegamento elettrico visibile a fianco del soffietto.
Al tempo la Yashica era una giovane società in forte espansione; fondata nel 1949 con il nome di Yashima Seiki Co. aveva costruito
la sua prima fotocamera nel 1953 (Yashimaflex) e consolidato le proprie capacità con l'acquisito della
Nicca Camera Co. (1958) e la Zunow Optical Industry Co. (1960).
Il nome originario era stato cambiato in Yashica Co. nel 1958 per trarre vantaggio dal successo commerciale della biottica Yashica Mat.
Electro 35
Yashica, 1965
otturatore della Electro 35
Cortesia Diesse s.a.s (www.diessefotoriparazioni.it)
La Electro 35, presentata nel 1965 e prodotta in oltre 5 milioni di esemplari nell'arco di 10 anni,
è stata la prima fotocamera elettronica 35mm.
L'apertura dell'otturatore è meccanica mentre la chiusura è
comandata dall'elettrocalamita (A). In assenza di pile l'otturatore scatta a 1/90, il tempo meccanico di sincronizzazione con il flash.
L'esposizione è regolata attraverso due indici luminosi, giallo e rosso, visibili sia nel mirino che sul tettuccio della fotocamera,
realizzati con due piccole lampade elettriche che anticipano l'uso dei LED.
TL Electro X
Yashica, 1969
La TL Electro X, con otturatore elettronico, pur non essendo una novità assoluta sul mercato offrì alla Yashica
un altro successo commerciale essendo la prima reflex elettronica di classe semi professionale
(e di prezzo incomparabilmente inferiore rispetto alla Contarex Super Electronic).
La Electro X riprende alcuni temi della Electro 35, in primo luogo gli indicatori luminosi (lampadine) invece del galvanometro e
il principio dell'otturatore attivato meccanicamente e chiuso elettronicamente, dopo il tempo prestabilito. Infatti
il pulsante di scatto comanda, meccanicamente, il ribaltamento dello specchio e l'apertura della prima tendina mentre una
elettrocalamita comanda la chiusura della seconda tendina con il sistema già sperimentato dalla Contarex Super Electronic.
La TL Electro X consolidò la reputazione della Yashica come costruttore di fotocamere elettroniche
e aprì la strada alla collaborazione con la Zeiss Ikon che portò alla fotocamera professionale Contax RTS (1975).
Nell'ottobre del 1983 la Yashica Company Ltd. fu acquisita dal gigante dell'elettronica Kyocera.
Fujica ST-901
Fuji Photo Film, 1974
Negli anni '70 Fuji si impegnò nel segmento delle reflex a vite nel momento in cui queste erano al tramonto,
offrendo ad un vasto mercato di utenti la possibilità di rinnovare il corredo fotografico
con macchine allineate agli standard del tempo.
Pertanto, pur nell'anomalia di essere stata orientata ad un vasto mercato, la ST-901 rientra nella politica commerciale Fuji
che ha realizzato molti prodotti di nicchia intelligenti, essenziali e spesso graditi ai professionisti
quali ad esempio le medioformato a telemetro, da studio e panoramiche.
Tornando alle SLR le due fotocamere più interessanti furono
la ST-801 del 1973, la cui immagine innovativa era affidata all'uso ei LED al posto del galvanometro,
e la ST-901 che fornì la prima indicazione digitale nel mirino di una reflex delle velocità
di otturazione utilizzando un display a sette segmenti,
in cui ogni cifra è definita da 7 led.
La ST-901, pur non essendo una fotocamera professionale,
aveva tutti i requisiti per essere percepita allo stato dell'arte
dai suoi acquirenti: qualità medio alta, dimensioni compatte,
esposimetro basato su due cellule al silicio, uso manuale e automatico a priorità dei diaframmi,
otturatore controllato elettronicamente per i tempi da 20 sec. a 1/30 e meccanico,
quindi indipendente dalle pile, da 1/60 a 1/1000 + B
oltre all'unicità del diplay digitale.
C35 AF
Konica, 1977
Nel 1976 la Konica presentò alla Photokina il prototipo di una fotocamera autofocus basata sul modulo Visitronic
brevettato l'anno precedente dalla Honeywell.
Si trattava di una compatta automatica e con flash integrato piuttosto sgraziata,
l'autofocus era soddisfacente solo se la scena era ben illuminata
e la stampa specializzata ne parlò senza grande enfasi.
Nessuno supponeva che 30 anni dopo essa venisse designata "a milestone in camera history" dalla più
autorevole guida per i collezionisti di fotocamere.
In ogni caso la la C35 AF scatenò la reazione degli altri costruttori e la corsa ai sistemi autofocus. Alcuni costruttori
svilupparono sistemi alternativi per cercare di superare i limiti del modulo Visitronic con le basse luci,
come la Polaroid SX-70 Sonar o la Canon AF35M basata su un modulo infrarosso.
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Al di là delle singole invenzioni l'evoluzione della macchina fotografica
è stata limitata e stimolata dalla capacità dell'industria manifatturiera.
Non a caso nel suo primo secolo la macchina fotografica
ha tenuto il passo della sempre maggiore precisione meccanica,
poi le fotocamere sono diventate degli ibridi elettro-meccanici ed infine
la componente elettronica ha primeggiato su quella meccanica.
Le premesse per quest'ultimo significativo cambio di marcia, avvenuto negli anni '70 con la nascente industria elettronica
ed oggetto di questa pagina,
risalgono al secolo precedente
e possono essere identificarle con la scoperta della proprietà del selenio
di convertire la luce del sole in elettricità
(Willougby Smith 1873 e successivamente Adams e Day, 1876) e
nei primi fotometri elettrici costruiti di lì a poco, anche se
poco usabili ai fini pratici.
Per quanto possa apparire incredibile già nel 1894 era maturata l'idea rivoluzionaria di una fotocamera automatica:
gli americani Buchanan e McGann proposero una macchina
il cui diaframma era comandato da elettrocalamite attivate da una batteria e regolato da una cellula al selenio.
L'idea, a quanto pare, non ebbe seguito;
probabilmente le ampie tolleranze dell'elettrotecnica
e le incertezze sull'effettiva sensibilità delle lastre
vanificarono un progetto che in linea di principio era corretto.
L'argomento fu abbandonato e forse dimenticato fino agli anni '30 del nuovo secolo, quando apparvero i primi esposimeri elettrici
e fu definito lo standard DIN per la sensibilità dei materiali sensibili (1931).
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Contax III
Zeiss Ikon, 1936 Cortesia Maurizio Tonarelli - Firenze
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Nel 1935 un esposimetro elettrico miniaturizzato fu incorporato per la prima volta in una macchina fotografica;
si trattò di una grande innovazione tenendo conto che i modelli equivalenti
per uso a mano erano più ingombranti e scarsamente diffusi fra i fotografi.
Questo primato appartiene alla Zeiss Ikon che al tempo era il leader indiscusso del mercato
per la qualità delle sue ottiche, la perfezione delle fotocamere e, non ultima, la ricchezza del suo catalogo.
La fotocamera, che si chiamava Contaflex, era una biottica con ottiche intercambiabili e rappresentava la somma perfezione del
piccolo formato, tuttavia ebbe scarso successo per il peso (circa il triplo di una Leica III) ed il prezzo esorbitante.
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L'anno successivo la Zeiss applicò lo stesso tipo di esposimetro
anche alla Contax, creando così il modello III.
La Contax III, per la sua grande diffusione,
può essere considerata
la fotocamera che avviò il grande cambiamento che si sviluppò nei successivi 50 anni.
L'esposimetro della Contaflex / Contax III era un semplice circuito
di misura della corrente elettrica prodotta dalla cellula al selenio quando viene esposta alla luce ed
entrambe le macchine erano dotate di uno sportellino metallico per oscurare la cellula, quando non era utilizzata,
per preservarla dal decadimento provocato dalla luce stessa.
Il pregio principale degli esposimetri al selenio è che non necessitare di pile ma
sfortunatamente alla loro scarsa sensibilità si può ovviare
solo con celle di grandi dimensioni, compatibilmente con l'ingombro che ne deriva.
Per questo motivo la Zeiss mantenne in produzione sia la Contax II che la Contax III,
due fotocamere sostanzialmente identiche eccetto che per la presenza dell'esposimetro.
Due anni più tardi (1938), con largo anticipo su tutti gli sviluppi successivi, la Kodak mise in commercio
la prima fotocamera automatica, la Super Six-20: per la prima volta, dopo l'insuccesso di Buchanan e McGann, l'elettronica comandava le funzionalità di una macchina fotografica.
Essa tuttavia rimase un caso isolato per oltre 20 anni;
le ricerche in questa direzione subirono una battuta d'arresto nel periodo bellico
e in seguito, con la riconversione industriale e il proliferare di industrie ottiche,
i modelli di riferimento furono le Contax, Leica ed Exakta che non avevano questa caratteristica.
Tuttavia l'automatismo della Super Six-20, che limitava meccanicamente la chiusura del diaframma tramite un ago
mosso dall'esposimetro, fu il modello di riferimento per tutte le fotocamere elettromeccaniche degli anni '60.
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RolleiMagic
Franke & Heidecke, 1960
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Fra queste spicca la RolleiMagic (1960), progettata in collaborazione con la Gossen, che aveva la capacità di impostare sia il tempo che il diaframma,
ovvero il primo automatismo a programma della storia.
In alternativa la RolleiMagic
permetteva al fotografo di sceglere il tempo o il diaframma
pertanto è stata anche la prima automatica multimode.
Tuttavia questa eccellente fotocamera, di grande pregio sebbene orientata il mercato amatoriale, fu un insuccesso,
le sue qualità non fecero presa sulla fantasia degli acquirenti sempre più attratti dalle reflex 35mm.
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Infatti negli anni '50 una nuova generazione di reflex aveva introdotto significativi miglioramenti, fra cui
l'esposimetro prima incorporato (Contax E, 1953) e
poi accoppiato e reso visibile nel mirino (Contarex, 1958/59).
Quindi, negli anni '60, un susseguirsi di novità gettarono le basi per il successivo sviluppo delle fotocamere elettroniche
mentre le biottiche e le macchine a telemetro cedevano il passo e
l'industria giapponese polverizzava quella europea.
Nell'arco di un decennio lo scenario cambiò completamente e gli anni '70
videro le maggiori industrie europee in crisi
e l'avvio delle collaborazioni Leitz-Minolta (CL,1973) e Zeiss-Yashica (RTS,1975)
mentre la maggior parte delle industrie minori uscì dal mercato.
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SR-7
Minolta, 1962
La Minolta SR-7(1962) fu la prima reflex dotata di esposimetro al solfuro di cadmio (CdS), con cellula posta all'esterno della macchina.
Grazie alla maggior sensibilità alla luce
una cellula al CDS è più piccola di quella al selenio, sebbene presenti gli inconvenienti
dell'effetto memoria - se esposta ad una luce molto forte - e di necessitare di una batteria.
Infatti a differenza del selenio, che genera corrente quando è colpito dalla luce, tutti gli altri componenti utilizzati per misurare la luce
variano la propria
resistenza elettrica in modo inversamente proporzionale alla quantità di luce che ricevono.
Pertanto l'esposimetro della SR-7 è un semplice Ohmmetro che misura la resistenza del sensore CdS al variare della
luce incidente e per questo motivo necessita di una batteria.
La SR-7 inaugurava quindi la stagione della fotocamere dipendenti dalle pile ma d'altra parte il CdS,
con la sua maggior sensibilità e le ridotte dimensioni della cellula,
aprì la strada alla misurazione TTL, ovvero
attraverso l'obiettivo, che sarebbe stata impossibile con il selenio.
Curiosità: le prime SR-7 non avevano un interruttore per spengere l'esposimetro,
probabilmente perchè non si era mai presentato prima il problema del consumo delle batterie.
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Fin dai primi anni '60 numerose fotocamere elettromeccaniche
interpretarono in vario modo l'automatismo inventato con la Super Six-20, in una prima forma di integrazione meccanica - elettronica
che si protrae fino alla definitiva affermazione
degli otturatori elettronici su quelli meccanici all'inizio degli anni '80.
Le due immagini mostrano i componenti salienti del circuito elettrico di una Autoreflex T: le due fotocellule poste ai lati dell'oculare (1)
che mirurano la luce che arriva al mirino e il cilindro del galvanometro (2).
Il dettaglio del galvanometro (2) mostra i due aghi sovrapposti (3) dei quali
quello di colore chiaro dava l'indicazione nel mirino mentre il secondo, più grosso e color rame,limita la chiusura del diaframma impegnando la camma dentellata (4)
che al momento dello scatto viene spinta in alto. Sulla destra è visibile il cordoncino metallico (5) che,
scorrendo su numerose carrucole, riporta all'esposimetro la posizione del selettore dei tempi situato dall'altro lato del pentaprisma.
Tutti gli automatismi elettromeccanici utilizzano questo principio
di funzionamento, sia che siano a priorità di tempi che di diaframmi.
Negli anni '60 apparvero anche i primi otturatori elettronici, ideati molto tempo prima
(il primo brevetto era stato depositato in Germania nel 1934) ma rimasti per 30 anni in un cassetto.
La prima reflex con otturatore elettronico fu la Contarex Electronic del 1967, non considerando la Praktica Electronic del 1966
mai entrata in produzione.
Il libretto di istruzioni della Contarex Electronic spiega in questo modo il funzionamento dell'otturatore :
Impostando la velocità di scatto viene connesso il corrispondente valore di resistenza (R)
alla condensatore (C). Premendo il pulsante di scatto viene chiuso il circuito della batteria,
l'otturatore viene aperto e mantenuto in questo stato dall'elettro-magnete (M).
Contemporaneamente una corrente di carica fluisce attraverso la resistenza (R) al condensatore (C).
Il tempo di carica del condensatore (C) dipende dal volre della resistenza (R).
Quando il voltaggio del condensatore (C) ha raggiunto il valore di rilascio, il meccanismo dell'otturatore elettronico
apre il circuito che tiene il magnete (M), il meccanismo di scatto è rilasciato e
la seconda tendina dell'otturatore è attivata dalla molla di richiamo.
Il condensatore (C) viene scaricato quando viene riarmando l'otturatore, che così è pronto per la successiva esposizione.
Come si intuisce gli automatismi elettromeccanici ed elettronici hanno forti analogie:
nel primo caso la quantità di luce misurata agisce meccanicamente su una scala graduata,
nel secondo regola la corrente di carica di un condensatore.
I primi vantaggi introdotti dall'elettronica furono di cosentire tempi più lunghi e ridurre il costo degli otturatori
poi, a pertire dagli anni '70, essa iniziò ad avere un impatto considerevole sulle funzioni della fotocamera. Per qualche anno
l'elettronica divise le opinioni degli amatori:
da un lato la schiera dei conservatori che sostenevano il primato della meccanica adducendo principi di robustezza
e controllo del fotografo sulla macchina;
dall'altro gli innovatori soddisfatti delle facilitazioni offerte dall'elettronica.
Di fatto, mentre iniziavano a rarefarsi le novità legate alla meccanica,
di cui la Olympus OM-1 fu l'ultima significativa evoluzione,
la OM-2, con il suo automatismo in tempo reale che
banalizzava gli atavici problemi di esposizione nella macrofotografia o con il flash,
fu la novità più consistente del decennio.
La svolta decisiva avvenne nel 1976 quando Canon introdusse il modello
AE-1 che per la prima volta utilizzava un microprocessore.
Il cambiamento era poco apprezzabile dagli utenti della AE-1 perchè le prestazioni della macchina non si discostavano dalla media,
ma l'introduzione di funzioni controllate via software
aprì la strada alla seconda generazione di fotocamere elettroniche, basate sulla sinergia fra microprocessori e otturatori elettronici.
La programmabilità dei microprocessori e la possibilità di elaborare molti segnali in tempo reale
sono stati infatti i presupposti per lo sviluppo
dei sistemi di esposizione multizonali, degli automatismi multimodali e infine dell'autofocus negli anni '80.
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La progettazione dei microprocessori era iniziata segretamente in America nel 1968
per trovare un' alternativa ai sistemi elettromeccanici negli aerei da caccia; il primo di essi, completato nel 1970, equipaggiò
l' F-14 Tomcat.
Indipendemente da questo microprocessore, rimasto segreto fino al 1994, nel 1971
Intel realizzò il primo microprocessore commerciale e già dal 1973 fu disponibile la seconda generazione ad 8 bit quali lo Z80 della Zilog, i Motorola 6800 e 6809 e l'8085 Intel
protagonosti dei primi apparati digitali.
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AT-1
Canon, 1977
Cortesia Diesse s.a.s (www.diessefotoriparazioni.it)
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Con la AE-1 venne introdotto, forse per la prima volta in una macchina fotografica, anche un circuito elettronico flessibile (flex) al
posto dei pochi collegamenti elettrici delle fotocamere elettromeccaniche. Questi circuiti, che erano
stati inventati solo una decina di anni prima dalla Sheldahl Inc. senza peraltro trovare applicazione,
al tempo erano a singolo strato e per questo motivo quello della AE-1 ha dei collegamenti volanti
che lo fanno apparire "sporco".
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Nell'ultimo decennio del '900 le fotocamere erano diventate quasi esclusivamente elettroniche ed automatiche mentre le fotocamere meccaniche
e manuali erano ridotte ad una stretta minoranza. Ma negli stessi anni la meccanica di precisione era stata chiamata a risolvere sfide un tempo sconosciute: micromotori per azionare i servomeccanismi delle fotocamere e degli obiettivi
e stampi dai quali escono parti in plastica con precisione adeguata per
garantire i movimenti delle lenti ed avere una finitura antiriflessi senza necessitare di ulteriri lavorazioni. |
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